IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile iscritto in primo grado al n. 1109 r.g. 1996, promosso dall'Ordine regionale dei geologi del Piemonte in persona del presidente dott. Gaetano Romano, elettivamente domiciliato in Torino, corso Vinzaglio, 2, presso lo studio dell'avv. Giuseppe D'Amico che lo rappresenta e difende per procura a margine del ricorso introduttivo, ricorrente contro il Consiglio nazionale dei geologi in persona del presidente, dott. Pietro De Paola, elettivamente domiciliato in Torino, corso G. Ferraris, 135, presso lo studio dell'avv. Vittorio Gobbi che lo rappresenta unitamente al difensore avv. Ugo Vitagliano del foro di Roma per delega a margine della comparsa costitutiva, e Lazzari dott. Andrea, elettivamente domiciliato in Torino, corso G. Ferraris, 135, presso lo studio dell'avv. Roberto Bertero che lo rapppresenta e difende per delega a margine della comparsa costitutiva, convenuti e in contraddittorio con il pubblico ministero rappresentato dal procuratore aggiunto della procura della Repubblica presso il tribunale di Torino, dott. Mario Griffey, intervenuto, oggetto: iscrizione all'Albo dell'ordine dei geologi. Il Collegio, esaminati gli atti di causa, sciogliendo la riserva formulata in udienza osserva quanto segue. Con ricorso depositato il 22 febbraio 1996 l'Ordine regionale dei geologi di Torino ha adito questo tribunale ai sensi dell'art. 6 della legge 12 novembre 1990, n. 339, per impugnare la decisione assunta dal Consiglio nazionale dell'ordine dei geologi (notificata in data 24 gennaio 1996) con cui tale organo, ritenuta legittima l'iscrizione del dott. Andrea Lazzari all'Albo professionale custodito dall'Ordine regionale dei geologi del Piemonte nonostante il suo status di dipendente della regione Piemonte, aveva riformato la delibera di cancellazione assunta dall'Ordine piemontese in data 12 luglio 1995. Si sono costituiti per resistere al ricorso sia il dott. Andrea Lazzari sia il Consiglio nazionale, eccependo il difetto di legittimazione attiva dell'Ordine piemontese e sostenendo, nel merito, la piena correttezza della decisione amministrativa adottata in sede nazionale. Il dott. Lazzari ha anche eccepito l'incompetenza per territorio del tribunale di Torino. Dopo l'accoglimento dell'istanza di ricusazione ex art. 52 c.p.c., ritualmente formulata da parte attrice nei confronti dei due membri laici inizialmente designati (per esser gli stessi componenti del Consiglio nazionale ed aver anche partecipato alla deliberazione della decisione impugnata), venivano designati dal Consiglio nazionale due nuovi membri laici per integrare la composizione del Collegio giudicante, come previsto dall'art. 6, comma 6 della legge n. 339 del 12 novembre 1990. All'udienza del 29 novembre 1996 la parte ricorrente ha eccepito l'illegittimita' costituzionale della norma disciplinante il meccanismo di integrazione del Collegio con i membri laici (art. 6 comma 6, della legge n. 339 del 1990) con riferimento agli artt. 25, 102, 108 e alla VI disp. trans. della Costituzione. Il Consiglio nazionale dei geologi si e' opposto all'eccezione ritenendola infondata, mentre il dott. Lazzari ed il pubblico ministero si sono rimessi sul punto alle decisioni del tribunale. Il pubblico ministero ha concluso altresi' per il rigetto dell'eccezione di difetto di legittimazione attiva, il rigetto dell'eccezione di incompetenza territoriale e il rigetto nel merito del ricorso. Il ribunale ritiene che l'eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata da parte ricorrente sia rilevante e non manifestamente infondata e che pertanto, a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n.87 occorra disporre la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della relativa questione. L'art. 6, comma 1, della legge n. 339 del 1990 prevede che le decisioni adottate dai Consigli regionali dei geologi in materia di iscrizioni, trasferimenti, cancellazioni e reiscrizioni negli albi siano impugnabili sia dagli interessati, sia dal Pubblico ministero presso il tribunale nel cui circondario ha sede l'Ordine, con ricorso al Consiglio nazionale dell'Ordine dei geologi. Il comma 4 dello stesso articolo 6 prevede poi che le decisioni del Consiglio nazionale nelle materie sopra indicate (nonche' in materia disciplinare o elettorale) possano, a loro volta, essere impugnate dinanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria e cioe' davanti al tribunale nel cui circondario ha sede l'Ordine che ha emesso la decisione impugnata (o si e' svolta l'elezione contestata) dagli interessati e dal procuratore della Repubblica competente per territorio. Il comma 6 dell'art. 6 dispone infine che ai fini del relativo giudizio il Tribunale (e la Corte d'appello) siano integrati nella loro composizione da due membri laici "designati di volta in volta dal Consiglio nazionale fra i geologi che siano cittadini italiani di eta' non inferiore ai trenta anni e di incensurabile condotta, con iscrizione all'ordine da almeno cinque anni". La questione di costituzionalita' e' sicuramente rilevante, giacche' il giudizio non puo' essere assolutamente definito indipendentemente dalla sua risoluzione. La parte ricorrente infatti dubita della legittimita' costituzionale della norma che regolamenta il procedimento di costituzione dell'ufficio giudicante e pertanto mette in discussione la stessa legittimazione a provvedere del tribunale - cosi' come composto nel rispetto del citato art. 6, comma 6 - su tutte le questioni preliminari e di merito prospettate in giudizio. Il Collegio reputa altresi' che il dubbio di costituzionalita' non sia manifestamente infondato con riferimento alle specifiche disposizioni contenute negli artt. 25, primo comma, 102, secondo comma, (letto anche in sintonia con la VI disposizione transitoria), 108, secondo comma della Costituzione. Il citato comma 6 dell'art. 6 della legge 12 novembre 1990, n. 339 pare in primo luogo confliggere con il fondamentale principio enunciato nel primo comma dell'art. 25, secondo cui "nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge". Tale norma indubbiamente codifica nel nostro ordinamento costituzionale il principio della precostituzione del giudice quale fondamentale garanzia di indipendenza, imparzialita' e obiettivita' per lo svolgimento della funzione giurisdizionale Tale aspirazione si risolve nell'inderogabile esigenza della determinazione preventiva dell'organo giurisdizionale cui sia devoluta, in via generale ed astratta, la competenza a decidere una controversia attraverso una regola fissata prima del suo insorgere. Nell'ipotesi in esame, effettivamente, l'art. 6 della legge n. 339 del 1990 prevede in via anticipata, generale e astratta, l'individuazione dell'organo giurisdizionale competente , investito della cognizione della causa: ossia il tribunale del luogo nel cui circondario ha sede l'Ordine che ha emesso la decisione impugnata, in composizione integrata con due dottori geologi, al presumibile fine di soddisfare particolari requisiti di specializzazione in ragione della ritenuta particolarita' della materia. Certamente la norma costituzionale non esige che il meccanismo di pretedermainazione si estenda fino all'identificazione preventiva delle persone fisiche dei giudici che compongono gli organi giurisdizionali, risultando invece soddisfatta da ogni meccanismo certo predeterminato e obiettivo che permetta di collegare la persona all'organo investito della controversia (si pensi ai procedimenti previsti dalla legge sull'ordinamento giudiziario in tema di trasferimento e sostituzione dei magistrati, oppure alle disposizioni circa la formazione dei collegi giudicanti contenute nei codici di procedura ed ai relativi provvedimenti amministrativi emessi dai capi degli uffici). Tuttavia e' evidente che nella fattispecie l'investitura delle persone fisiche a componenti dell'organo e' attuata dalla legge attraverso un meccanismo caratterizzato dalla piu' assoluta straordinarieta', dal momento che i due giudici laici sono designati "di volta in volta" e quindi necessariamente per ogni singolo giudizio e necessariamente dopo l'insorgenza della contesa. Quindi, quand'anche il meccanismo adottato dalla legge per la designazione fosse il piu' nitidamente imparziale possibile (cosa che come infra argomentato sembra assai discutibile), resterebbe il fatto che la precostituzione del giudice pare comunque vulnerata dai caratteri di straordinarieta' ed occasionalita' della designazione (formulata ad hoc per la singola controversia). In secondo luogo - e nella stessa prospettiva - la norma in questione sembra anche violare il divieto, sancito solennemente dall'art. 102, secondo comma, della Costituzione, di istituzione di giudici straordinari o speciali, ammettendo solamente per determinate categorie di controversie l'istituzione presso gli organi giudiziari ordinari di sezioni specializzate con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura (divieto coerentemente ribadito dalla VI norma transitoria della Costituzione con l'impegno di revisione degli organismi giurisdizionali speciali esistenti al momento della sua entrata in vigore). Infatti, se il connotato "negativo" proprio della straordinarieta' della giurisdizione (che provoca il relativo sfavore costituzionale) va ravvisato nel collegamento particolare istituito fra la costituzione del giudice e la singola controversia, sembra chiaro che la norma che consente la formazione ad hoc dell'organo per la singola causa (nella fattispecie, peraltro, solo in parte e cioe' limitatamente ai due membri estranei alla magistratura) contrasta con il menzionato principio. In terzo luogo, l'art. 108 della Costituzione nel suo secondo comma prescrive alla legge di assicurare l'indipendenza anche dei soggetti estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia, esigendo in tal modo con rango di cogente prescrizione costituzionale almeno l'adozione di meccanismi selettivi idonei a garantire imparzialita' e neutralita' dei soggetti chiamati a svolgere la funzione giurisdizionale. Nella fattispecie l'art. 6, comma 6, della legge n. 339 del 1990, attribuisce il potere di designazione dei membri laici destinati ad integrare la composizione del Tribunale per l'espletamento dei giudizi in questione proprio al Consiglio nazionale dell'Ordine dei geologi, ossia proprio al soggetto giuridico da cui promana la decisione amministrativa impugnata, parte necessaria del procedimento giurisdizionale. E' pur vero che il Consiglio nazionale rappresenta una parte sui generis, in considerazione delle particolari attribuzioni amministrative conferitegli dalla legge che lo abilitano al perseguimento della tutela degli interessi generali della categoria professionale. Cionondimeno, pare contrastare con i principi generali di indipenpenza e imparzialita', costituzionalmente tutelati, che la persona fisica investita nel singolo procedimento della funzione giudicante sia scelta: a) proprio da una delle parti in conflitto; b) dopo l'insorgere della controversia; c) solo ai fini della decisione di quell'unica causa. Il meccanismo adottato dalla norma censurata in effetti consente, in via generale e astratta (e a prescindere, ovviamaente, dalle particolarita' soggettive del caso concreto), ad un soggetto, parte necessaria del procedimento, di decidere a posteriori (e cioe' a lite ormai pendente) i suoi giudici limitatamente a quella controversia. Gli consente, cioe', almeno teoricamente (ma cio' pare gia' sufficiente a vulnerare l'esigenza di indipendenza e imparzialita'), di influire sul relativo esito, scegliendo come componenti del Collegio, per esempio, quei soggetti che per umane vicende, particolare sensibilita', specifica formazione professionale, gli sembrano piu' propensi di altri all'accoglimento della propria prospettazione in fatto o in diritto. Ne' si puo' negare che il Consiglio nazionale dei geologi, pur mosso da interessi non personali, possa essere naturalmente propenso a difendere le proprie precedenti opinioni e prese di posizioni, non foss'altro che per intrinseca coerenza. Gli atti vanno in conseguenza trasmessi alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Il presente giudizio deve essere correlativamente sospeso. La cancelleria dovra' a sua volta curare gli adempimenti prescritti dalla legge (art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e art. 1 reg. Corte cost. 16 marzo 1956) in relazione alla presente ordinanza, e cioe': notificazione a tutte le parti in causa e al pubblico Ministero; notificazione al Presidente del Consiglio dei Ministri; comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; successiva trasmissione alla Corte unitamente agli atti di causa e alla prova delle prescritte notificazioni e comunicazioni.